"Madri di famiglia", "fisica cosmetica" e "signore meridionali"

Studiare fisica teorica, prendere una laurea e trovare un lavoro (magari con la pretesa di essere pagate) non era facile per le donne del secolo scorso. Aver talento, nella Germania del primo '900, non era sufficiente, se "per legge" non era permesso loro l'accesso alle università o se, anche quando quelle leggi furono abolite, dovevano percorrere strade sempre in salita, in un mondo accademico fortemente maschilista, e accontentarsi di ruoli di secondo piano, sempre all'ombra dei colleghi uomini.

"Maria Goeppert nacque nel 1906 a Kattowitz, all’epoca in Germania. Nel 1930 conseguì un dottorato in fisica teorica all’Università di Gottinga. Non potendo contare su raccomandazioni e amicizie influenti, non stupisce che le sue possibilità di trovare un posto in una università fossero praticamente nulle. Riuscì comunque a entrare nel mondo della scienza per vie traverse, grazie al marito Joseph Mayer, un chimico americano conosciuto mentre era in viaggio di studio in Germania. Diventata la signora Goeppert-Mayer, nel 1930 si recò con lui alla John Hopkins, a Baltimora, e da allora cominciò ad accompagnarlo nel suo lavoro e ai congressi, spostandosi, in tempi di crisi economica, da una università all’altra, a New York e poi a Chicago.
Queste istituzioni tolleravano la presenza della signora Goeppert-Mayer, che piantava le tende per chiacchierare di scienza. Certe arrivavano persino a darle del lavoro, pur senza riconoscerle un compenso e assegnandole compiti in linea con lo stereotipo «femminile», come per esempio lo studio dei colori. Finita la crisi economica, centinaia di suoi colleghi furono arruolati nel Progetto Manhattan. Goeppert-Mayer fu invitata a partecipare, ma allo stesso tempo fu tenuta ai margini: le fu affidato un sottoprogetto di ricerca abbastanza inutile, lo studio di una tecnica per separare l’uranio con la luce visibile. Finita la guerra, l’Università di Chicago si convinse finalmente che era una vera ricercatrice e la nominò docente di fisica. Non riceveva uno stipendio, ma in compenso aveva diritto a un suo ufficio.
Nel 1948 si mise al lavoro e iniziò a occuparsi del nucleo atomico.
Il lavoro di Goeppert-Mayer si concentrò su un mistero più sfuggente: perché certi elementi hanno nuclei più stabili di altri?
Con acume maggiore di molti suoi colleghi, Goeppert-Mayer vide un parallelo tra questa situazione e quella in cui si trovano i gas nobili. Dunque era possibile che i protoni e i neutroni nel nucleo fossero disposti in strati concentrici come gli elettroni e che la stabilità fosse dovuta al riempimento dei vari livelli. A un profano l’idea può sembrare convincente, ma non si vincono i premi Nobel sulla base di semplici congetture, soprattutto se a proporle sono donne che lavorano gratis. La tesi di Goeppert-Mayer, oltretutto, cozzava contro salde credenze. Ma Goeppert-Mayer non mollò la presa. Mettendo insieme i risultati di vari esperimenti a prima vista slegati tra loro, dimostrò che nel nucleo ci sono davvero strutture a guscio e che nei casi stabili, corrispondenti ai cosiddetti «numeri magici», i nucleoni sono sistemati in modo da completare i livelli. Per una serie di complesse ragioni matematiche, i numeri magici non seguono schemi regolari come quelli della tavola periodica, ma sembrano messi a caso: i primi sono infatti 2, 8, 20, 28, 50 e 82. Goeppert-Mayer provò dunque che quando la somma di protoni e neutroni è pari a un numero magico, le particelle sono disposte con una struttura sferica, altamente stabile e simmetrica.
Il «modello a guscio» (shell) della struttura del nucleo atomico fu una scoperta fisica di prim’ordine. La carriera di Goeppert-Mayer finalmente prese una svolta. Ebbe onori e riconoscimenti e si trasferì definitivamente con il marito a San Diego, dove presso il campus dell’Università della California le fu offerta una cattedra vera con tanto di stipendio. Eppure non riuscì a scrollarsi di dosso completamente la fama di dilettante. Quando nel 1963 l’Accademia di Svezia annunciò al mondo che la signora era degna del premio più importante di tutti, un giornale locale titolò:
«Una madre di famiglia di San Diego vince il premio Nobel»."
Cit.: Sam Kean - Il cucchiaino scomparso.

Nel 1963, quindi, l'opinione che alcuni giornalisti avevano delle donne scienziate non era molto diversa da quella dei colleghi del 1922. In quell'anno Lise Meitner, altra grande fisica teorica, diventa la prima donna a insegnare in una università della Prussia e la seconda dell’intera Germania.

"Nell'autunno dello stesso anno la professoressa tiene la sua lezione inaugurale su «L’importanza della radioattività dei processi cosmici».
Un giornale dà risalto all’inedito avvenimento: la signora Lise Meitner, titola, ha tenuto una lezione all’università sull’importanza della «fisica cosmetica»."
Cit.: Pietro Greco - Lise Meitner

E oggi ?????????????
Febbraio 2020: Molti giornalisti italiani riportano con orgoglio la notizia che tre "scienziate e ricercatrici" italiane hanno isolato il coronavirus; qualcuno le definisce "angeli della ricerca". Solo uno titola sul web "Tre signore meridionali hanno identificato il virus" (avrà pensato che è successo mentre rassettavano casa?). E nel breve testo dell'articolo le parole "scienziate" o "ricercatrici" non compaiono neanche una volta!

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